Questa proposta è parte del progetto Voices of Rivers, che A4C-Artsforthecommons sta sviluppando dal 2021 con l’obiettivo di contribuire alla reinterpretazione della relazione tra umano ed ecosistemi fluviali fondata sul superamento dell’antropocentrismo ed il riconoscimento dei diritti della Natura ed in sostegno alle campagne e iniziative che si stanno svolgendo in ogni parte del mondo. Sviluppato assieme alla Global Alliance on the Rights of Nature (GARN) ed il Tribunale Internazionale dei Diritti della Natura il progetto ha finora prodotto varie iniziative e partecipazioni a Biennali d’Arte e mostre collettive.
La proposta degli artisti per il Festival delle Periferie è ispirata al pensiero critico dell’antropologo colombiano Arturo Escobar. L’autore riprende questo concetto proposto dal sociologo Orlando Fals Borda per sottolineare che la ragione e la scienza non sono esclusive nella costruzione dei mondi o nell’interpretazione di essi, poiché ciò avviene anche a partire dai sensi, dal “cuore”. Il “sentipensamiento” ha una virtù particolare: è un concetto che viene dal basso, dalla comunità, è un pensiero subalterno che ritroviamo anche nelle narrazioni di diversi mondi non moderni, come i popoli indigeni o afro-discendenti, che il pensiero unico pretende di definire come le periferie del pianeta. Il sentipensare è fatto dalla terra. In tutta la sua opera, Arturo Escobar spiega che il territorio costituisce un asse fondamentale nella costituzione dei mondi. I movimenti sociali – in particolare quelli indigeni e afrodiscendenti – si posizionano sulla base del territorio per rivendicare i propri diritti. Il concetto di territorio include non solo la terra e i suoi ecosistemi, ma anche i processi di territorializzazione che generano identità e appropriazioni.
La proposta di A4C intende offrire un modo periferico di avvicinarsi al corpo d’acqua che attraversa la città di Roma, il fiume Tevere, usando gli strumenti dei sensi e dei sentimenti, invece di quelli tradizionali della razionalità scientifica cartesiana e della tecnologia moderna e così facendo creare le premesse per un atto “politico” quello di “abitare” il fiume ed i suoi ecosistemi, una possibile futura alleanza tra umano e non-umano.
Rosa Jijon, Quito 1968. Artista, attivista e mediatore culturale, ex direttore del CAC (Centro de Arte Contemporáneo de Quito), CAC. Ha partecipato a diverse mostre internazionali (Biennale di Venezia, Biennale dell’Avana, Biennale di Cuenca) e residenze artistiche internazionali tra cui ARTEA, Residencia Sur Antarctica 2013 e Q21, Vienna 2021. Il suo lavoro si occupa di migrazioni, cittadinanza, giustizia sociale e ambiente ed è impegnata nella produzione artistica partecipativa con organizzazioni e comunità di base. Per quattro mandati si è occupata della Segreteria Culturale dell’Organizzazione Internazionale Italo-Latina Americana (IILA) a Roma.
Francesco Martone, Roma 1961. Portavoce della Rete Italiana a sostegno dei difensori dei diritti umani, “In Difesa Di” è membro fondatore di Greenpeace Italia, giurato e membro del Tribunale Permanente dei Popoli e del Tribunale Internazionale sui Diritti della Natura, e policy advisor per ONG internazionali sui diritti dei popoli indigeni. Ex Senatore della Repubblica Italiana è ora Associato dell’Istituto Transnazionale. Dal 1988 si occupa di questioni relative alle foreste, ai cambiamenti climatici, ai diritti della natura, ai diritti delle popolazioni indigene, ai difensori dell’ambiente e alla giustizia ambientale.
A4C ArtsForTheCommons. Arts for the Commons (A4C) è un esercizio collettivo lanciato da Rosa Jijón e Francesco Martone nel 2016, inteso a fornire una piattaforma per artisti e attivisti che esplorano le connessioni e le sinergie tra la produzione visiva e gli sforzi per rivendicare i beni comuni, affrontare questioni in sospeso relative a migrazioni umane, confini, giustizia sociale e ambientale, cittadinanza liquida. Creando opportunità di scambio, azione reciproca e condivisione, A4C tenta di creare un “nuovo comune”, una sintesi tra arte e impegno politico.
A4C intende esplorare gli spazi interstiziali tra potere e comunità, sistema artistico tradizionale e società, stati e territori, intendendo la documentazione come una pratica artistica.